Il gruppo è un formidabile agente di apprendimento ma ci sono alcuni momenti del proprio lavoro formativo dove è meglio avere uno spazio dedicato, dove gli altri sarebbero un peso (se non addirittura un impedimento) e siccome “in natura” esistono modalità formative differenti, da moltissimi anni utilizzo anche questo “setting a 2”, che permette un lavoro totalmente a misura del Cliente.
Cos’è un PFI?
A questa domanda dovrebbero rispondere le Persone che l’hanno vissuto.
Potreste leggere cosa hanno scritto, anche se non è come sentire le loro voci, le intonazioni, le increspature… che comunicano anche ciò che non viene detto.
Potreste ascoltarle intanto che ve lo raccontano, anche se non è come vedere gli sguardi che avevano quando, attraverso me, parlavano a loro stesse.
Alcune emozioni arrivano a tali frequenze che nessuna voce può riprodurre…
Molte persone ovviamente lo chiedono a me ma in realtà nemmeno io lo so con esattezza. Davanti a un Cliente io penso solamente: «so che ti sta accadendo una cosa preziosa, ma so anche che non potrò mai comprendere, fino in fondo, cosa è per te».
La “vera” risposta la possiede solo il Cliente, anche perché nei panni dell’altro può starci solo l’altro.
Col mio sguardo e il mio ascolto mi pare di poter dire che il PFI sia un’esperienza di relazione con sé e di autocomprensione.
Io vedo Persone che, davanti a loro stesse, sono intente a scoprire cosa stanno provando mentre imparano a comprendersi, a considerarsi preziose, a sentirsi protagoniste nel significare le cose che accadono, a dare senso a ciò che provano, a prendersi in carico.
Gli obiettivi
Il PFI accompagna attraverso brevi incontri (45/50’) e si occupa di tutto ciò che il Cliente può e vuole affrontare consapevolmente, con le proprie forze, senza dover accedere agli strati più profondi ma lavorando per accrescere la propria consapevolezza, la propria autonomia e l’interdipendenza con il mondo.
I principali obiettivi sono:
- mettere a fuoco i fenomeni vissuti soggettivamente, dar loro un senso
- lavorare su di sé: sulla correlazione fra i propri comportamenti, i propri bisogni e le proprie emozioni
- analizzare le proprie “risorse personali” (possedute o da sviluppare)
ideare un progetto evolutivo e farsi accompagnare nella sua realizzazione
Lo strumento
Lo strumento è uno solo: l’ascolto empatico, che è, potenzialmente, patrimonio dell’Essere Umano e non esclusivo di una professione.
È il sentirsi ascoltato, compreso e non giudicato che permette al Cliente di provare a significare ciò che sta vivendo.
Relazione d’aiuto
Chiediamo aiuto quando il nostro “patrimonio di risorse” ci sembra insufficiente, quando paghiamo il prezzo in termini di efficacia o di eccessivo costo per il risultato conseguito, quando di fronte ad un pezzo di strada da compiere sentiamo che «così come sto, mi sa che non ce la faccio…»
Non è facile chiedere aiuto, la nostra cultura non premia chi mostra le proprie difficoltà.
Ogni segno di cedimento è vissuto come predittivo di un’esclusione: “1 su 1.000 ce la fa” (spesso anche di meno…) e “se ti gira un po’ la testa non puoi stare su questa giostra”.
Questi modelli sciagurati non aiutano a considerare normale la difficoltà, la paura di non farcela, il dubbio, l’incertezza…
Spesso le Persone considerano “non-normale” ciò che sentono e, anziché chiedere aiuto, cercano di zittire il sintomo (il più delle volte è una risposta corporea che ci dice che qualcosa non sta andando come dovrebbe).
Normalità
I PFI sono un’esperienza che ha come oggetto la normalità, la quotidianità.
Le difficoltà che sentiamo non sono l’indicatore della nostra “difettosità” ma il segno che la vita è una ricerca incessante di punti di equilibrio, continuamente persi e ritrovati.
Il Consulente, con le sue competenze (umane e metodologiche), ha il compito di accompagnare il Cliente nell’affrontare, con i propri tempi, i propri bisogni.
“Ho chiesto aiuto ma guido io!”
Il PFI è un progetto ad “adesione volontaria”: anche quando viene proposto dall’organizzazione, è la Persona/Cliente che decide se e quando aderire al progetto.
Il PFI non è una delega in bianco a qualcuno che ne sa più di me, bensì una richiesta ad una Persona che può aiutarmi: ma l’esperto di me stesso sono io!
Privacy e segreto professionale
È irrilevante chi paga! Il progetto è sempre e comunque del Cliente!
Nulla, di ciò che accade all’interno delle sessioni di lavoro, esce a cura del Consulente.
È il Cliente a decidere se, come e a chi dare visibilità del proprio percorso.
Vuoi approfondire? Chiedimi un incontro “FREE”.