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Settembre 1997, Confindustria, 7^ conferenza dei Direttori delle Risorse Umane: Europa, Giovani e Impresa.
Alcuni relatori sostengono la necessità di una forte immissione di laureati in Economia e Commercio all’interno delle organizzazioni: «Giacché il principale drive organizzativo è economico, alle organizzazioni serve un incremento delle competenze correlate al drive. Lasciamo perdere i massimi sistemi, qui bisogna fare profitto, ci serve qualcuno che abbia dimestichezza coi numeri, che sia orientato al mercato e che sia motivato da questi sguardi e da questi paradigmi.»
Sembra un’idea senza possibilità di replica, tantomeno di critica, infatti nessuno obietta.

Sono laureato in Scienze Politiche, non ho alcun conflitto di interessi e dopo aver portato pazienza per una mezz’ora intervengo: «10 anni di azienda mi hanno invece convinto che sarebbe più utile assumere una schiera di filosofi».
Brusio…

Ingenuamente allora pensavo che tutti i presenti condividessero il medesimo obiettivo: lo sviluppo delle organizzazioni e la ricerca del loro successo sul mercato e che si stessero confrontando due idee diverse circa il come raggiungerlo, una divergenza sul mezzo, non sul fine.

Era così, ma solo in apparenza.
La disputa (ho capito più tardi) era, ed è ancora, invece fondata su 2 elementi meno evidenti:

  1. come ci immaginiamo la relazione fra ambiente e contesto lavorativo/organizzativo
  2. la confusione fra domanda e bisogno (distinzione cara ai formatori)

Continua…

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